domenica 29 giugno 2008

dolce e meravigliosa quella cicogna...

De «La cicogna che sconfisse l'aviaria», minuto e delicatissimo esordio
narrativo di Paolo Moretti - che l'autore presenterà stasera, alle 21,
al Punto Einaudi in via Carducci 3 - si possono dire e raccontare una
infinità di cose. Per cominciare che si tratta di un ottimo manuale di
istruzioni per i tanti genitori che vogliano affrontare l'esperienza, a
tratti di una durezza esasperante, dell'adozione. Oppure che è il genuino
specchio dell'anima dell'autore, un "vecchio" idealista, disincantato a
puntino ma ancora ammirevolmente capace di riannodare il filo di antiche
emozioni, magari cucite attorno a quattro note di Springsteen o a qualche
verso di Dalla archiviato troppo frettolosamente in un cantuccio remoto
della memoria.
La realtà è che, per cominciare, questa "cicogna" di Moretti,
giornalista professionista de «La Provincia», un passato al «Corriere di
Como» e prima ancora a «Radio Popolare», è soprattutto il delicatissimo
dipinto del volto irresistibilmente luminoso di una bimba che si chiama
Mehala e che grazie a quella cicogna, un anno e mezzo fa, arrivò fino a
Como, sulla soglia della casa di mamma Cristina e di papà Paolo. Con una
preziosa prefazione di Marco Scarpati e una postfazione di Stefano Zecchi,
il volume racconta la lunga avventura di quel viso, cominciata con una
dolorosa diagnosi di infertilità, passata per la scoperta che «una pancia
cresce nove mesi, un cuore tutta la vita», ma anche per un delirio di interminabili
e altrettanto dolorose incombenze burocratiche fino al "gate" dell'aeroporto
da cui il musino di Mehala, con i suoi occhi ferocemente dolci e attenti
al mondo, si affacciò per la prima volta a una nuova esistenza.
Così, prima ancora che un ottimo manuale, questa cicogna è anche una lezione
da mandare a memoria, perché non si dimentichi che la vita concede altro
tempo, altre stagioni per rincorrersi, stringersi e amarsi riguadagnando
la gioia di anni volati via prima di potersi incontrare ma senza avere
mai smesso di cercarsi. Un inno all'infanzia e a un legame primitivo che
il filosofo indiano Rabindranath Tagore volle raccontare così: «Tu eri
nascosto nel mio cuore, bambino mio, tu eri il suo desiderio. Tu eri nelle
bambole della mia infanzia, in tutte le mie speranze, in tutti i miei amori».
Stefano Ferrari

La Provincia

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